venerdì 30 settembre 2016

Rapporti di Amnesty International ‘Libia’: Bengasi, civili intrappolati in condizioni disperate mentre i combattimenti s'intensificano

The Amnesty International Report about Libya:


 CS161 - 30 settembre 2016

Amnesty International ha dato l'allarme sulla situazione di centinaia di residenti del quartiere di Ganfouda, a Bengasi, che dopo diversi mesi di blocco militare si trovano ora in mezzo a combattimenti sempre più intensi.

L'organizzazione per i diritti umani ha raccolto testimonianze tra le 130 famiglie libiche e le centinaia di stranieri che sono intrappolate da mesi a Ganfouda, nella zona sud-occidentale di Bengasi. Tutte le strade d'accesso sono bloccate dalle forze dell'Esercito nazionale libico o dai combattimenti mentre le forniture di cibo, acqua ed energia elettrica sono interrotte.

"Gli abitanti di Ganfouda rischiano di morire intrappolati nei combattimenti: sopravvivono nutrendosi di cibo guasto e acqua sporca mentre le bombe continuano a cadere incessantemente. Per gli ammalati e i feriti si stanno esaurendo anche le scorte di medicinali già scaduti" - ha denunciato Magdalena Mughrabi, vicedirettrice del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

"Con l'intensificarsi degli attacchi aerei e i combattimenti sempre più vicini, molti abitanti di Ganfouda hanno troppa paura di lasciare le loro case. Sollecitiamo tutte le parti in conflitto a rispettare il diritto internazionale umanitario e a consentire l'ingresso senza restrizioni dei soccorsi umanitari. Coloro che vogliono lasciare la zona devono essere protetti dagli attacchi basati sulla loro provenienza o sulla presunta affiliazione politica" - ha dichiarato Mughrabi.

Intorno alla metà del 2014, l'ex generale Khalifa Haftar ha lanciato l'offensiva militare "Operazione dignità" contro le milizie e i gruppi armati islamisti di Bengasi, che in seguito hanno formato una coalizione denominata Consiglio della shura dei rivoluzionari di Bengasi (Csrb).

Durante i combattimenti, entrambe le parti hanno commesso gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, in alcuni casi equivalenti a crimini di guerra.

A distanza di due anni, l'Esercito nazionale libico sotto il comando di Haftar continua a colpire dall'alto le zone di Bengasi sotto il controllo del Csrb, soprattutto Ganfouda, mettendo in pericolo la vita dei civili. Le forze di Haftar hanno anche limitato l'entrata e l'uscita dal quartiere, lasciando molte persone esposte agli attacchi aerei.

Mohamed, un residente di Ganfouda, ha detto ad Amnesty International che nell'ultima settimana gli attacchi aerei e i colpi di artiglieria sono aumentati di intensità e di vicinanza e ha denunciato l'assoluta necessità di aiuti umanitari, specialmente per i bambini:

"I bambini sono pelle e ossa, il cibo scarseggia e quello che c'è è inadeguato. Se solo potessero fargli arrivare un po' di cibo o portarli via da qui, in cambio accetterei di restare qui per il resto della mia vita".

Mohamed ha poi raccontato che le scorte di olio, riso e farina sono terminate e che la mancanza di combustibile per cucinare costringe a cuocere i cibi in una carriola riempita di carbone. Ha un problema ai reni ma le medicine sono finite.

Nonostante questa situazione, Mohamed ha preso con sé otto famiglie in fuga dai combattimenti: così nella sua abitazione ci sono attualmente circa 45 persone, tra cui 23 bambini.

"Tra noi non ci sono combattenti, siamo dei comuni cittadini. È come stare in prigione" - ha sottolineato, aggiungendo che i bombardamenti sono sistematici e indiscriminati e che l'interruzione della corrente elettrica, ormai da due anni, costringe le persone a rimanere strette e immobili durante la notte.

"Non vogliamo nient'altro che un modo sicuro per andare via. Ho due figli di tre anni e mezzo e due anni. Non c'è latte né cibo per loro. Devo riempire delle bottiglie d'acqua e fargli credere che sia latte" - ha dichiarato "Waleed" (il nome è stato cambiato per proteggere la sua identità).

A rendere la vita così tremendamente difficile non è solo la mancanza di beni fondamentali ma anche la costante paura delle bombe e dei colpi d'artiglieria. Tarik Gaoda, un altro residente di Ganfouda con cui Amnesty International era in contatto, è stato ucciso il 1° luglio insieme al padre ottantenne durante un bombardamento.

"Gli aerei pattugliano il cielo e la gente ha paura persino di uscire di casa perché quelli, non appena vedono movimenti, colpiscono. Pochi mesi fa hanno colpito persino una moschea" - ha raccontato "Hassan".

"I bombardamenti sono costanti, non usciamo di casa per niente" - è la testimonianza di "Khadija", quatto figli di cui l'ultimo partorito in casa 10 mesi fa. Non ha latte in polvere né medicine e la mancanza di acqua potabile è un altro grave problema.

"Ognuna delle parti in conflitto deve prendere tutte le misure possibili per proteggere le vite dei civili intrappolati nei combattimenti a Ganfouda e in altre parti della Libia, nel rispetto degli obblighi del diritto internazionale umanitario" - ha sottolineato Mughrabi.

"Gli attacchi indiscriminati o sproporzionati sono vietati dal diritto internazionale e chi prende parte al conflitto deve fare il massimo sforzo per distinguere tra obiettivi militari e civili od obiettivi civili, come le case e gli edifici. Armi esplosive imprecise come l'artiglieria non dovrebbero mai essere impiegate nelle vicinanze di aree ad alta densità abitativa" - ha aggiunto Mughrabi.

Tra le persone intrappolate a Bengasi figurano anche circa 130 detenuti, rapiti dal gruppo armato Ansar al-Sharia nel 2014 e per la sorte dei quali più volte Amnesty International ha espresso preoccupazione. Secondo notizie di stampa che non è stato possibile sottoporre a verifica indipendente, una ventina di essi sarebbe rimasta uccisa dagli attacchi aerei.

Centinaia di cittadini stranieri - tra cui molti lavoratori migranti originari del Sudan, del Ciad e del Bangladesh - sono tra i civili bloccati a Ganfouda. Secondo fonti di stampa almeno cinque sudanesi sarebbero rimasti uccisi ad agosto in un attacco aereo. I residenti di Ganfouda interpellati da Amnesty International hanno detto che nei recenti attacchi aerei sono stati uccisi degli stranieri.

"Viviamo come animali" - ha denunciato "Samir", un ex agente della polizia giudiziaria che vive a Ganfouda con la moglie, tre figli e una figlioletta di un anno. Dopo aver accolto tre famiglie scampate al conflitto, nell'abitazione vivono attualmente 24 persone, tra cui 14 bambini.

"La nostra abitazione è stata colpita e danneggiata da tre colpi di artiglieria: uno è entrato in camera da letto, un altro ha centrato le scale e il terzo, che per fortuna non è esploso, la cucina" - ha raccontato "Samir", aggiungendo che negli attacchi aerei di agosto sono morte persone di sei famiglie, due delle quali provenienti dal Ciad.

La mancanza di linea telefonica in buona parte di Ganfouda rende difficili i contatti col mondo esterno, col risultato che chi cerca di contattare i parenti non sa se siano ancora in vita.

I civili hanno anche il terrore di subire attacchi basati sulla loro presunta affiliazione al Csrb, dopo che un leader tribale che collabora all'Operazione dignità ha affermato, alla fine di agosto, che a chiunque abbia più di 14 anni non dovrà essere consentito di uscire vivo dal quartiere.

"Tutte le parti in conflitto dovrebbero facilitare l'ingresso degli aiuti e garantire un percorso di uscita sicuro a chi vuole lasciare la zona. I civili non dovrebbero mai essere usati come scudi umani e coloro che vogliono abbandonare Ganfouda dovrebbero essere protetti dagli arresti arbitrari, dalla tortura e da ulteriori violazioni dei diritti umani" - ha concluso Mughrabi.

Una sala operativa italo-libica contro terroristi e trafficanti


Con base a Tripoli avrà il compito di monitorare le coste e sigillare i confini.
Monitoraggio delle coste e dei confini meridionali della Libia grazie all’uso di droni e alla formazione di squadre speciali di guardie di frontiera. Sono questi gli obiettivi principali della sala operativa italo-libica, che si è appena attivata a Tripoli.  

L’obiettivo è quello di arginare l’emergenza immigrati, ma anche il terrorismo islamico. Perché se è vero che sulle carrette del mare di profughi non si nascondono - tranne casi eccezionali - pericolosi tagliagole, è altrettanto assodato che i soldati del Califfo siglano redditizi affari con la criminalità. Traffico di esseri umani e infiltrazioni terroristiche saranno dunque oggetto di verifiche, valutazioni e strategie operative. Tutte, ovviamente, ancora da concordare e da definire nei dettagli.  

Sarà proprio la centrale operativa congiunta - la prima nel suo genere e frutto di un patto siglato tra il nostro governo e quello di accordo nazionale libico - a stabilire e applicare tutte le tecnologie e le metodologie necessarie a contrastare il fenomeno dell’immigrazione clandestina, a fronte del recente aumento del flusso dei migranti verso l’Europa, l’Italia in particolare.  

Il 90 per cento dei migranti che sbarca in Italia arriva dalla Libia, dove si raccolgono migliaia di persone provenienti dall’Africa: la sala operativa ha il compito di «sigillare» le frontiere di Stati come il Niger, il Mali, il Ciad, per contenere i flussi migratori.  

Per collaborare con il personale di Tripoli sono partiti dall’Italia, esperti dell’intelligence, del Dipartimento della pubblica sicurezza e del ministero della Difesa. Il nostro team risponderà direttamente al governo: il premier Matteo Renzi ha tra le sue priorità sia il problema dei migranti sia l’allarme terroristico. All’attenzione dei servizi di sicurezza ci sono gli affari tra i trafficanti di esseri umani e i miliziani dell’Isis o di Al Qaeda del Maghreb (forte nel Sud della Libia).  

Altre preziose fonti di guadagno e di sostentamento dei terroristi, poi, sono il contrabbando di petrolio e il traffico di beni archeologici. Due fenomeni che - grazie anche all’arretramento dell’Isis che ha perso circa il 25 per cento del terreno - sono fortunatamente in una fase di ridimensionamento. Gli analisti stimano infatti che i terroristi islamici abbiano subìto un calo tra il 40 e il 50 per cento dell’approvvigionamento di risorse petrolifere e archeologiche.  

La situazione nel Sud della Libia è quanto mai complessa e articolata. Le formazioni armate attive nella zona sono molteplici. Ci sono i guerriglieri di Al Qaeda nel Maghreb Islamico e del gruppo Katibat al Mourabitoun, creato dal noto terrorista algerino Mokhtar Belmokhtar. Mentre a Est di Ghat, nell’area di Ubari, sono attivi i gruppi armati del popolo Tebu. Nella zona, infine, ci sono anche le milizie dei nomadi Tuareg.  

Grazie alla sala operativa italo-libica si indagherà maggiormente sul legame tra i violenti e cinici trafficanti di uomini e i terroristi. Tra le due entità esiste infatti un meccanismo che l’intelligence paragona a quello dei vasi comunicanti. E puntando i riflettori sui flussi migratori potrebbero arrivare ottimi spunti di indagine contro il terrorismo e la radicalizzazione di estremisti islamici.  

Per questo si sta valutando il ricorso ai mezzi aerei a pilotaggio remoto, più conosciuti come droni, caratterizzati dall’assenza di un equipaggio a bordo e l’addestramento di guardie di frontiera. 

giovedì 29 settembre 2016

La prima forza militare italiano lancia la sua opera a Misurata





Il Cairo - il cancello centrale
fonti italiane hanno rivelato che gli elementi della forza militare per partecipare al processo di «Ippocrate» raggiunto Misurata la scorsa settimana, e ha già iniziato nell'esercizio delle sue funzioni.
Giornale «Il Redattore» ha riferito che i soldati italiani sono arrivati ​​a bordo del «San Marco» nave Mercoledì 21 settembre °, indicando che ha avuto origine in «a La Spezia» di base per l'isola di Sicilia, dove hanno portato con sé altri soldati sono stati li aspetta.
soldati italiani avranno l'ospedale da campo, che l'Italia ha annunciato che Schidh aiuto ai pazienti libici nella città di Misurata, notando che il ministro della Difesa italiano, Roberta Pinotti, ha già annunciato che questo compito prevede la partecipazione di 100 soldati paracadutisti compongono il «forza di protezione» e si alternano in tre turni al giorno per garantire la sicurezza della protezione del personale ospedaliero.
Il team dotato medici ospedalieri 65 e operatori sanitari, oltre a 135 persone per il supporto logistico.
giornale italiano detto che il campo ospedaliero No. 1, costituita dalla Air Force con una capacità di 12 letti, verrà smantellato con il completamento dell'ospedale (2), che ospita 50 casi, indicando che la presenza del vettore aereo «C27J», che ha sede in aeroporto a base di Misurata, permetterà il trasferimento di casi critici in altri ospedali.

Mahmoud Jibril el-Warfally




Mahmoud Jibril el-Warfally, (nato 28 maggio 1952) è un politico libico che ha servito come primo ministro ad interim della Libia per sette mesi e mezzo durante la Guerra civile libica, che presiede il comitato esecutivo del Consiglio nazionale di transizione dal 5 marzo al 23 ottobre 2011. [5] [6] E 'anche stato il capo degli affari internazionali. [7] A partire da luglio 2012, Jibril è il capo di una delle più grandi partiti politici in Libia, nazionale le forze dell'Alleanza. [8]

Verso la fine del conflitto, Jibril è stato sempre indicato da governi stranieri e nella media come il primo ministro ad interim della Libia, piuttosto che come il presidente del Consiglio di amministrazione, il titolo usato per descrivere lui sul sito web del Cnt, ma non era chiaro se questo è stato un titolo ufficiale o semplicemente denominato sua posizione di capo del Consiglio provvisorio di governo. [9] Il governo di Jibril è stato riconosciuto come "unico rappresentante legittimo" della Libia da parte della maggioranza dei membri delle Nazioni Unite, tra cui Francia, Turchia, Regno Unito, Stati Uniti, Iran e Qatar.

Un termine settimana per gli usurpatori di proprietà private e pubbliche






Feldmaresciallo Khalifa Belqasim Haftar (Internet)
Il comandante in capo dell'esercito libico, feldmaresciallo Khalifa Belqasim Haftar, ha dato una scadenza sola settimana che non è estensibile a coloro che sono violentando proprietà privata o pubblica, per avanti alla stazione di polizia più vicina a consegnare i beni che possiedono al di fuori del campo di applicazione della legge e di fornire tutte le informazioni relative alla prima di ottobre.

Il feldmaresciallo Khalifa Belqasim Haftar ha messo in guardia coloro che hanno commesso un assalto e l'acquisto di beni di individui o lo Stato che le forze armate e le autorità di sicurezza non esiteranno a usare la loro autorità e il potere di rimuoverlo e restituirlo ai suoi proprietari e di prendere severi misure per punire gli aggressori.

Marshal Khalifa Belqasim Haftar emesso un ordine di tutte le truppe e le unità di supporto e di sicurezza, che ha confermato il ritmo delle sanzioni legali severe massima contro gli autori di questi attacchi per rassicurare i cittadini sul fatto che la proprietà è protetta dalle autorità competenti dello Stato.